MORTALITÀ GENERALE E EVITABILE
Il 4 giugno l’Istat ha pubblicato un aggiornamento dei dati di mortalità del primo quadrimestre 2020, relativi a 7.270 dei 7.904 Comuni italiani, con una più che ampia copertura della popolazione residente (93,5% [1]).
Sulla base dei dati 2020 e di quelli del primo quadrimestre degli anni 2015-2019 riferiti ai medesimi Comuni, il Centro Studi Nebo ha disegnato le mappe dei tassi di mortalità standardizzati [2] (così da poter confrontare i diversi territori anche in presenza di popolazioni caratterizzate da differenti composizioni per età) limitatamente ai decessi avvenuti prima dei 75 anni.
La soglia dei 75 anni è stata scelta perché è quella solitamente adottata (anche a livello internazionale) per la misurazione dei decessi evitabili con appropriati interventi di prevenzione e trattamento, fenomeno che in Italia interessa 2 morti su 3 in media nazionale ma con una sensibile variabilità sul territorio, come evidenziato dagli annuali Rapporti MEV(i) sulla mortalità evitabile per provincia.
Quella che segue è una analisi di contesto (mortalità generale) nell’ambito della quale andrà studiata quella specifica (mortalità evitabile) quando saranno disponibili i dati corredati dell’indicazione della causa di morte, che a sua volta dovrà esplicitare con la maggiore accuratezza possibile la componente “straordinaria” legata a Covid-19 rispetto a quella “ordinaria” dei decessi evitabili.
Nel primo quadrimestre del 2020 i decessi avvenuti fra i residenti con meno di 75 anni dei Comuni inclusi nel dataset Istat sono stati 57.000, dei quali oltre 12.600 nella sola Lombardia, a fronte dei circa 51.600 mediamente rilevati negli stessi mesi dei precedenti anni (quasi 8.300 relativi alla Lombardia), con un aumento di oltre il 10% in media nazionale derivante però da contributi sensibilmente differenziati rilevati nelle diverse realtà locali.
I dati dei primi mesi dell’anno mostrano in alcune aree del Paese peggioramenti della mortalità talvolta anche rilevanti rispetto al quinquennio precedente. Di contro in alcune zone la mortalità del primo quadrimestre 2020 risulta stabile o in flessione in confronto con quella 2015-2019, andamento che sembra confermare il calo dei decessi rispetto a quelli attesi registrato nel mese di gennaio 2020 (e dunque pre-epidemia) e che presumibilmente può essersi protratto anche nei successivi mesi nelle aree del Paese coinvolte solo marginalmente dalla pandemia di Covid-19.
LA MORTALITÀ 0-74 ANNI PER REGIONE
Per il 2020, alla luce dei valori registrati negli ultimi cinque anni, gli indicatori calcolati su tutti i decessi avvenuti prima dei 75 anni mostrano:
- il netto peggioramento in Lombardia, che passa da un tasso standardizzato di mortalità di 89 per 100.000 residenti del periodo 2015-19 (dato sensibilmente inferiore a quello medio nazionale di 96) a 133 del 2020 (contro il 104 della media italiana);
- un aumento della mortalità in Emilia Romagna, che dagli 87 decessi per 100.000 abitanti raggiunge i 108;
- un incremento più contenuto per Trentino Alto Adige (da 83 a 97) e Marche (da 84 a 93), entrambe con una mortalità standardizzata entro i 75 anni inferiore a quella media nazionale sia negli ultimi anni che nel 2020;
- un altrettanto contenuto incremento in Piemonte e Liguria (rispettivamente da 97 a 105 e da 98 a 106), dove la mortalità 0-74 anni è in linea col dato medio italiano, e in Valle d’Aosta, che passando da 105 a 111 decessi per 100.000 residenti fa registrare valori sensibilmente superiori a quelli medi nazionali sia per l’ultimo quinquennio che per l’anno attuale.
Di contro si nota:
- il miglioramento di Campania e Sicilia, in precedenza caratterizzate dai livelli di mortalità regionali più elevati fra tutte le regioni italiane, che scendono rispettivamente da 121 a 115 e da 110 a 103 decessi per 100.000 residenti;
- una diminuzione della mortalità anche per Lazio, Molise, Basilicata e Sardegna, mentre restano in sostanziale parità Veneto, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Umbria, Abruzzo, Puglia, Calabria.
Mortalità generale in età 0-74 anni nel primo quadrimestre 2020 (a sinistra) |
Tassi standardizzati × 100.000 residenti per Regione (7.270 Comuni su 7.904) |
LA MORTALITÀ 0-74 ANNI PER PROVINCIA
Più complessa la lettura delle mappe provinciali, che mostrano come anche all’interno delle medesime regioni vi siano realtà sensibilmente eterogenee; va segnalato in particolare che:
- i tassi standardizzati di mortalità provinciali per il primo quadrimestre del quinquennio 2015-2019 erano compresi fra i minimi di Rimini e Pesaro-Urbino (non oltre gli 80 morti per 100.000 residenti) e i massimi registrati a Napoli e Caserta (entrambe attestate a 125);
- nel 2020 i 125 morti per 100.000 residenti sono superati in 10 province, fino ai massimi di Piacenza (187), Cremona (195), Lodi (206) e Bergamo (226);
- all’estremo opposto, si contano ben 7 province che scendono al di sotto degli 80 morti per 100.000 residenti (Siena, Firenze, Prato, Perugia, Treviso, Ascoli Piceno e Ravenna);
- anche considerando l’ampia variabilità della mortalità sul territorio italiano, va sottolineato che 18 province hanno fatto registrare un aumento di almeno il 20% dei tassi standardizzati di mortalità, fino ai massimi di Piacenza (+99%), Cremona (+101%), Lodi (+121%) e Bergamo (+147%);
- in 53 Province i tassi sono rimasti invariati o diminuiti, talvolta sensibilmente, come nel caso di Latina e L’Aquila (-15%), Ravenna e Agrigento (-16%), Ragusa (-20%).
Mortalità generale in età 0-74 anni nel primo quadrimestre 2020 (a sinistra) |
Tassi standardizzati × 100.000 residenti per Provincia (7.270 Comuni su 7.904) |
COVID-19 HA STRAVOLTO LE MAPPE EPIDEMIOLOGICHE
Negli ultimi vent’anni il Centro Studi Nebo ha costantemente analizzato i decessi attribuibili a carenze di prevenzione primaria, diagnosi precoce e altre attività per la sanità pubblica con specifica attenzione alle realtà territoriali e l’esito di questi approfondimenti ha sempre evidenziato una rilevante eterogeneità tra le varie aree del Paese con un incoraggiante miglioramento nel corso degli anni.
L’impatto di Covid-19 sul territorio nazionale appare tuttavia indipendente rispetto al quadro della mortalità a oggi noto (sia generale che evitabile) e i recenti dati Istat disegnano cartogrammi del tutto nuovi, che sintetizzano informazioni impossibili da analizzare cogliendo le diverse determinanti.
I dati disponibili consentono di misurare la supermortalità che si è verificata nel corso della pandemia, ma in assenza di informazioni circa le cause di morte degli oltre 250.000 deceduti del quadrimestre sono possibili al più approfondimenti di carattere demografico, eventualmente corredati di ipotesi circa gli effetti dell’epidemia fondate sulle notifiche di infezioni e sulla casistica dei decessi Covid-correlati.
La lettura dei dati epidemiologici dovrebbe invece tener conto delle ricadute dirette della pandemia (Covid-19 come causa o concausa di morte) ma anche delle sue responsabilità indirette sullo stato di salute degli italiani, legate al cambiamento negli stili di vita dovuto alle misure adottate per contrastare la diffusione del virus e contestualmente a un diverso utilizzo dei servizi sanitari indotto dalla gestione dell’emergenza.
I flussi informativi andrebbero orientati verso un monitoraggio sanitario utile a una revisione delle strategie di sanità pubblica e relative modalità di valutazione, così da rilevare informazioni in grado di quantificare e misurare anche le ricadute connesse al sovraccarico delle strutture ospedaliere, alla sospensione di prestazioni e alla generale riorganizzazione dei servizi ospedalieri, specialistici e di medicina di base.
Da più parti sono stati sottolineati i negativi riflessi della gestione in chiave emergenziale della sanità (in particolare, eventi acuti che non hanno ricevuto l’immediata necessaria assistenza, patologie il cui esito è condizionato dalla tempestività della diagnosi, contagi di Covid-19 dovuti a misure inappropriate), riflessi dei quali appare doveroso fornire una attenta valutazione che ne chiarisca e circoscriva ogni peculiarità.
Il sovrapporsi degli esiti maturati nel corso di decenni e degli effetti legati a un evento straordinario come l’emergenza da Covid-19 rende necessario comprendere al più presto in quale misura la pandemia da Covid-19 abbia inciso su terapie, trattamenti e diagnostica e quindi sullo stato di salute del Paese attraverso una attenta analisi dei diversi determinanti di salute consentita dalle statistiche sanitarie.
Questo vale certamente per tutte le casistiche (l’ospedalizzazione in primis), ma la consolidata valenza di “indicatore sentinella” della mortalità porta a identificare lo studio dei decessi come probabilmente il più idoneo alleato per affrontare in tempi molto rapidi una esigenza del tutto nuova, come dimostrano le prime analisi condotte da Istat e Istituto Superiore di Sanità sui decessi per Covid-19.
NOTE
[1] Per la corretta lettura dei dati va segnalato che la copertura del territorio non è uniforme ma in termini di popolazione regionale varia dal 78% del Molise al 99% della Lombardia, mentre a livello provinciale va da una copertura del 95% o più in oltre 50 Province, raggiungendo il 100% a Sondrio, Rovigo, Gorizia, Trieste, Piacenza, al 70-80% di Potenza, Nuoro, Caltanissetta, Campobasso, Barletta-Andria-Trani, fino ai minimi di Belluno (65%) ed Enna (59%).
[2] Standardizzati con la “popolazione europea”.
[ Centro Studi Nebo, 18 giugno 2020 ]