Il Conto Annuale del Personale della Pubblica Amministrazione, rilevazione condotta dalla Ragioneria Generale dello Stato, rappresenta una indispensabile fonte di dati riguardo (ma non solo) la consistenza dei dipendenti pubblici per qualifica e tipo di rapporto e con vari livelli di disaggregazione quali, ad esempio, il genere o l’età anagrafica.
Il Rapporto Sanità 2019 presenta una analisi territoriale degli ultimi dati del Conto Annuale, riferiti all'anno 2017, confrontati con gli analoghi dati del 2010, scelto come anno di riferimento per osservare nel tempo l’andamento di alcune delle principali variabili.
Affrontare il dibattito sulla regionalizzazione richiede precise informazioni quantitative: per questo, dopo il precedente Rapporto “SSN40” - che ha evidenziato il radicale cambiamento nel corso dei primi 40 anni del nostro Sistema sanitario - il Centro Studi Nebo pone ora l’attenzione sulla dotazione di risorse umane della Sanità Pubblica: medici, infermieri e altri operatori sanitari, profili tecnici e professionali, dipendenti del ruolo amministrativo e di direzione.
Si tratta di una analisi che riguarda 670.000 dipendenti impegnati a vario titolo nelle 218 Aziende USL, Ospedaliere e Regionali censite nel 2017, uno studio nato con l’obiettivo di fornire un quadro per molti aspetti inedito della principale risorsa dedicata alla salute del nostro Paese.
Il set di indicatori costruito consente di evidenziare e quantificare forti disparità sul territorio nazionale in termini di dotazioni di personale, ma anche rilevanti criticità in tema di assenze dal servizio e, in ultimo, la sensibile variabilità dell'età media dei dipendenti.
Va tuttavia sottolineato che l’equilibrio economico-finanziario perseguito dai Piani di rientro richiede, tra gli altri, incisivi interventi sui costi del personale, spesso concretizzati nel blocco della leva assunzionale, con conseguente diminuzione delle risorse umane: non stupisce, pertanto, che tra le Regioni dove emergono maggiormente segnali di criticità siano evidenziate quelle ancora oggi sottoposte a tale provvedimento, e cioè Lazio, Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.